Personaggi in cerca non d’autore ma di se stessi: QFC apre l’ImproTeatro Festival
Al via ieri sera la prima edizione dell’ImproTeatro Festival. I primi ad esibirsi, nell’Orto Botanico di Napoli, sono stati gli attori della QFC Teatro.
Napoli – È cominciato all’ombra degli alberi dell’Orto Botanico di Napoli l’ImproTeatro Festival: una rassegna estiva, di respiro nazionale, di spettacoli teatrali “improvvisati”. Attenzione però: in questo caso improvvisare non vuol dire non seguire il copione; sicuramente, non significa lasciare che gli interpreti dicano e facciano la prima cosa che passa loro per la testa. Disciplina: anche qui la fa da padrona. Disciplina e padronanza, calma, sangue freddo e capacità di improvvisare: di tirare per le lunghe quel momento fondamentale del teatro che è l’immedesimazione.
Con una sceneggiatura fissa, agli attori di solito non resta che imparare, ripetere e“naturalizzare” la propria parte. Con questo genere di spettacoli, invece, le cose diventano molto più difficili: lo spettatore sa che non c’è alcuna storia scritta, ma deve dimenticarlo; i personaggi devono essere quelli di una commedia qualunque, parlata pulita, modi sicuri, emozioni controllate. Niente regia: qui a comandare sono solo ed esclusivamente gli attori,“personaggi non in cerca d’autore ma di se stessi”.
Il primo spettacolo è stato Microstorie della compagnia QFC Teatro: quattro attori, due uomini e due donne, vestiti di bianco ed armati di leggii hanno attaccato quattro pezzi diversi, leggendo. Da qui il pretesto: perché non raccontare altre storie? Magari quelle suggerite dal pubblico, con un bigliettino. E allora si comincia: prima uno, poi un altro, poi un altro ancora, fino a mettere in scena più di 5 storie, dal tema diverso, con snodo centrale sull’improvvisazione. Gli attori sono stati bravi, questo è indubbio: più di una volta hanno convinto il pubblico con le loro interpretazioni, sottili e – in alcuni casi – sentite in modo particolare; sono piaciute la loro ironia, la loro capacità di insistere, la loro voglia di continuare – anche quando i suggerimenti del pubblico non erano certo dei più alti (“Cicciolina e il cavallo”) o dei più corretti (“la borsa a righi bianche e blui”). Di questo, veramente, bisogna dargli merito.
Le note dolenti iniziano quando l’attenzione dello spettatore si trasforma in insofferenza per le battute, quando le storie sembrano tutte somigliarsi e quando a far ridere, più che la spontaneità, sono le trovate assurde. Questo genere di spettacoli trova la sua fortuna in chi vi assiste: se la platea è una platea “bigotta”, abituata al teatro nel suo senso più classico, verrà difficile agli attori vincere la diffidenza di chi li guarda. Se al contrario il pubblico è un pubblico aperto mentalmente, che accetta il compromesso – quantomeno per il momento iniziale, di attacco – allora la storia sarà diversa: il successo sarà assicurato. Come è stato ieri per la QFC Teatro.
Quello che l’ImproTeatro Festival presenta è un genere sperimentale, relativamente nuovo (volendo datarlo, di inizio ‘900), che attecchisce laddove il terreno – ed il pubblico – sono più fertili. Agli interpreti va fatto tanto di capello, agli spettatori, invece, va dato un avviso: “lasciate ogni certezza voi che guardate”.