UNO, DUE, TRE… IMPRÒ!
Scritto da Caterina Serena Martucci
Bacoli, Cast Cafè, una serata non troppo calda, una bellissima falce di luna che fa capolino tra le aperture del telone di copertura, atmosfera simpatica, bevande corroboranti, sentore di vacanze, di allegria. Complice larrivo troppo puntuale, scegliamo un tavolino, non troppo laterale, sì da vedere lo spettacolo e intanto godere della piacevolezza del luogo, carico di secoli di ameno godimento.
Mai visto uno spettacolo di improvvisazione teatrale, mai partecipato ad un talk show o ad una sit com. Un presentatore/notaio brillante, due squadre, i rossi e i neri, ciascuna composta di tre attori/giocatori. Si sfideranno a colpi di battute e trovate sceniche.
Si comincia con la prova di preparazione, di riscaldamento. Ciascun attore dovrà interpretare pochi secondi di una canzone di Baglioni (autore scelto dal pubblico), poi di Battisti (ancora una volta il pubblico, fedele, come si nota, alla lettera B…), infine il voto, cartoncino rosso o cartoncino nero. E così si continua piacevolmente per unora e mezza (intervallo compreso), ridendo di gusto, intrattenuti con intelligenza e leggerezza, coinvolti nella genesi delle situazioni teatrali. Le situazioni nascono e muoiono in poche manciate di minuti, i personaggi si fanno e si disfano sotto gli occhi del pubblico, ogni quadro teatrale è unico, come i singoli istanti della vita di ciascuno di noi. Fino alla vittoria dei neri.
Bene. Si va via contenti, con la voglia di tornare, lieti, per una volta, di aver qualcosa da proporre a chi non ama il teatro, a chi crede che il teatro sia noioso, elitario, troppo impegnativo, troppo cerebrale, alternativa non valida ad una serata di sano divertimento. Bene.
Poi ci sono le domande, inevitabili, che ci si pone quando si vede del teatro, sotto qualsiasi forma si presenti.
Innanzi tutto: è teatro? La risposta è decisamente affermativa, anche se forse si potrebbe parlare più esattamente di pre-teatro o ur-teatro, un po come una Commedia dellArte, in cui ci sono non ruoli fissi, ma piuttosto situazioni fisse, format, tipici appunto degli spettacoli di improvvisazione. Non cè sceneggiatura, copione, regia. Il meccanismo è immediato: pochi secondi e ciascuno entra nella sua parte, il che fa pensare che ciascuno conosca già la sua parte, il canovaccio su cui farà volare le immagini e i gesti e le parole. Non sembrano avere dubbi gli attori: si guardano e sanno già chi entrerà in scena a fare cosa. Il fatto più sorprendente, per chi non ha mai visto spettacoli di questo tipo, è non tanto e non solo limprovvisazione allinterno della squadra, ma piuttosto quella che vede i componenti delle due squadre sfidarsi allinterno dello stesso quadro scenico, cooperando, col massimo di lealtà, per riuscire i migliori.
La sensazione, mi si passi questa immagine un po analogica, da non nativa digitale, è come quando sul mangianastri (desueto oggetto…) si premeva il tasto F FWD per mandare avanti velocemente la cassetta. Ecco, nel vedere questi microspettacoli si passa in un attimo dallidea (il titolo, la situazione, una parola chiave) al fatto ? lo spettacolo ? senza passare per il lavoro di svolgimento, di nascita della messinscena e dei personaggi. Quel lavoro, come del resto è normale nel teatro, è stato fatto prima, è stato fatto a monte, prima che nascesse lo spettacolo, prima che nascesse anche lidea dello spettacolo.
La seconda domanda invece è: avrebbero consistenza questi attori se dovessero davvero entrare in un personaggio, crearlo, farlo nascere, dargli un corpo, una voce, una identità, una consistenza, una storia, un futuro, in uno spettacolo pensato, preparato e solo dopo sottoposto al pubblico?
Infine linterazione con il pubblico, cooperante alla realizzazione dello spettacolo. Complice il tavolino laterale, siamo rimasti un po ai margini, pubblico-non-pubblico. In cosa consiste linterazione? Al comando del presentatore qualcuno scelto dal pubblico propone largomento del quadro scenico, o magari il titolo, o il genere. Al comando del presentatore il pubblico lancia il grido di incitamento, che sostituisce quasi il gong del match. Al comando del presentatore, alla fine di ogni match, il pubblico assegna il punteggio alla squadra, alzando un cartoncino rosso o nero. Come restare fuori ? pur sempre pubblico (siamo a teatro, così deve essere!) ? credendo di essere dentro, protagonisti, in qualche modo, del teatro.